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Questo post ha ormai quasi 9 mesi, tra revisioni, correzioni e scarsa voglia è rimasto lì a fermentare.
Brutta cosa, la pigrizia.
Ma d'altra parte se non convince, non convince.
L'avevo anche promesso a un amico, ma è andata così.
Ho deciso di pubblicarlo perché volevo stampare nella memoria l'allenamento assieme con un altro traceur, il ViruZ, e donargli un minimo di riconoscenza. E poi di ampliarlo con i pensieri di questo ultimo mesetto.

Con il viruZ, abbiamo passato 3 ore circa di spasso parkour.
É stato bello confrontarsi e parlare del più e del meno, con un interessante passaggio sugli studenti - entrambi abbiamo a che fare con la scuola.
Il Viruz ha il Grosso merito di avermi aiutato a superare il blocco della vecchia caduta con il monkey vault. É bastato poco, ma a volte basta per bloccarti.
Alla fine, dopo poche ripetizioni, ce l'ho fatta. Geniale - quindi, Grazie "vecchio" mio.

Il viruZ mi ha anche indirizzato ad alcuni siti che a suo tempo ho aggiunto ai link del blog.
In giro c'è molta gente in gamba, che divulga la propria esperienza ed è davvero devota al parkour. Mi stupisco che ci sia tanto seguito, nel senso di vero impegno, sudore e voglia, non tanto di quantità di persone.
Per questo ho aggiunto la sezione dei link dedicati, sentendo la necessità di condividere questo seguito e diventarne membro.

Dall'allenamento con il viruz ho messo alla prova molti di quelli che considero i miei punti di forza e mi sono ricalibrato. Ho capito quanto bene mi ha fatto darmi da fare (quasi) tutti i giorni dopo il raduno di Prato e sono contento di averlo fatto.
Ora che sono passati mesi sono estremamente constante con l'allenamento giornaliero. Mi sono dato una regolata e, a forza di risultati, sento che questo è un percorso da cui ormai non posso e non voglio staccarmi. Fa parte di me.

Ho ristrutturato l'allenamento. Durante la settimana, ogni mattina lavorativa eccetto una, che piova o ci sia il sole, seguo questo calendario in 1 ora:
  • corsa 10 minuti salendo su vari muri, diversi salti e qualche monkey
  • segue un centinaio di metri in quadrupedia a terra
  • 15 coppie di precision tra due bordi di marciapiede, distanti circa 3 metri
  • dai 3 ai 5 passaggi su un lungo corrimano sempre in quadrupedia , intervallati da un minuto circa di pausa
  • 15 monkey su un muretto dalle decenti dimensioni (ma questo non sempre, dipende dagli orari)
  • stretching
  • camminatina sui muretti fino a casa
  • doccia, possibilmente, nell'ultimo minuto, fredda
Nel week end faccio lo stesso ma con qualche aggiunta, e inoltre sto due orette.
Sto ipotizzando di inserire anche alcune scalate di pilastri di metallo, qualcosa che mi smuova tutta la parte sopra, la parte più debole.
Tutto l'allenamento, resa fisica a parte, ha aperto altre sensazioni e abilità.
C'è il rumore che produci e che subisci. Quello dei salti, che capisco essere al momento troppo forte - produrre silenzio è sicuramente uno dei miei prossimi step. Ma non solo. Affini una certa ricerca del suono vero, quello del vento, della pioggia, degli alberi.
Quando alle 8 passate esco e sto tra il traffico, percepisco un certo fastidio da caos urbano. Credo sia parte del lato animale del uomo, di quel istinto che si dimentica nella corsa quotidiana del lavoro.

C'è il contatto delle mie mani con l'asfalto, evitando i mozziconi di sigaretta e le varie mini immondizie. Ti fa riflettere. Mi rendo conto che risveglia una certa esigenza di pulizia, nel senso ecologico del termine. Sarebbe bello che lo sperimentassero tutti. Credo ci si renda davvero conto della stupidità del gesto del buttare a terra.
Ma sento anche un forte stimolo per il contatto, per il desiderio di sentire con le mie mani, di percepire le forme, le ondulazioni, le grinze e anche di sporcarle, queste mani.. Un po' come i neonati.

E poi la questione del freddo con la super pioggia di questi ultimi giorni (temperatura minima 12° C). Era da un pezzo che non ero così resistente.
Esco alle 6 da casa, con una t-shirt e sopra un'identica ma a maniche lunghe. La seconda la tolgo dopo i 10 minuti di corsa (se non era già dalla partenza nel mini zaino), e rimango in t-shirt, sia che ci sia ventaccio o pioggia, Camminare in quadrupedia e focalizzare sul proprio corpo ti fa capire che tutte quelle giacche e quelle sciarpe sono un po' in più, che il vento che scivola sulla pelle può essere piacevole, e sano, e vivo, anche quando hai la t-shirt inzuppata di sudore.
In senso più generale, credo di percepire ora quello che era la paura del freddo come una sensazione oggettiva su un semplice segnale fisico. Non lo temo e non mi spaventa, perché lo valuto per quello che è. Credo di sentirmi naturalmente più me stesso.
Questa è la crescita e la sensibilità che non sapevo di cercare.

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