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Il non troppo strano caso del pazzo gioco copiato

(segue il post precedente)
Street Jam Basketball
. Inizialmente il nome doveva essere Slam dunk.
Suona famigliare? Già.. Ma l'idea che fosse lo stesso titolo del famoso manga è stato considerato un valore aggiunto.
No, no, non scherzo. I colleghi alla direzione lo pensavano davvero e a me, ultimo arrivato, non andava di contraddire nessuno.
Mi son sempre chiesto se fossi scemo io a ritenerla una stro***** oppure fosse uno scherzo. Alla fine l'intervento del publisher ha portato la "ragione", e così nacque Street jam basketball.

Ero all'inizio della mia breve esperienza videoludica e mi venne chiesto se fossi capace di disegnare della facce in stile capcom e neogeo, riferendosi ai vari picchiaduro.
Ovviamente dissi di si, ero lì per essere mastro-grafico, e così mi "fecero entrare" nel progetto, nel senso che mi spiegarono di cosa si trattasse. Sottolineo questo punto perchè c'era molta segretezza sui progetti in corso (e futuri), quasi ci fosse il rischio che qualcuno ci tenesse d'occhio e copiasse le "nostre" idee. Quindi massima segretezza nel infilare qualcuno dentro un nuovo processo produttivo.
Mi sorpresi molto di questo, ma rispettai la regola.
Oggi, comunque, ci rido pure un po' sopra. Voglio dire, fossimo stati leader e la concorrenza locale fosse stata fortissima, avessimo avuto un concept davvero unico e nostro tra le mani.
Ma magari c'erano davvero buone ragioni per agire in quel modo...
.. ne dubito. Ma l'idea di poter finalmente lavorare a un titolo da console era così incredibile da farmi accettare tutto, o quasi.

Mi spiegarono che da un'analisi interna (informandosi con gamerankings.com e ign.com) il nuovo game boy advance non aveva nessun titolo di basket decente e che, battendo l'idea di non fare una simulazione ma un gioco più arcade, era possibile proporre un prodotto fresco e assolutamente vendibile. Arcade significava (apparentemente) meno lavoro. Simulazione, invece, dava l'idea di più lavoro (anche solo nella ricerca e analisi) e di meno spasso.
La grafica doveva essere accattivante, richiamando in qualche modo il concetto di vita da ghetto americano, con bande stradali assolutamente inverosimili (diciamo alla manga/anime) ma esaltanti. I punti di forza del gioco dovevano essere un veloce picchia tasti per i passaggi, nessuna regola ne tanto meno il fuori campo, la possibilità di spintonare l'avversario e l'aggiunta di esplosivi tiri a canestro e schiacciate.
In breve, si gioca fino alla fine del tempo, potendo anche fare falli.
Dopo varie riunioni mi fu reso chiaro che si stava rifacendo (diciamo pure copiando) un classico del neo geo, street hoop.
Perchè? Perchè il game designer l'aveva adorato alla follia in gioventù e perchè si risparmiava il problema del design vero e proprio, copiando un "classico".
Questo sviluppo delle cose mi ossessionò per quasi tutto il periodo di lavorazione.
Ok ispirarsi, ma copiare era davvero una buona idea? E poi, sarammo stati capaci di farlo ugualmente divertente? E avevo senso riproporre un gioco da sala giochi di diversi anni fa? Cosa si offriva DAVVERO di più?
Ricordo con amarezza, seppur avessi al tempo gran stima dei colleghi, la frase che dovetti sentire durante lo sviluppo: «Ormai al giorno d'oggi, la figura del game designer non ha più senso di esistere..».
Già..

Fatto sta che si partì.
Inizialmente si lavorò nei buchi degli altri progetti, perchè ancora non c'era un publisher e bisognava costare il meno possibile.
C'era proprio grande voglia di curara il dettaglio.
Si voleva spaccare, lasciare il segno ed era proprio bello respirare questa aria di sogno e aspettare la gloria che, credevamo, stava per innondarci tutti.
L'azienda aveva già dei precedenti buchi nell'acqua e sembrava che fosse giunto il momento del riscatto. Anzi, del Gran riscatto.
Io a casa raccontavo alla famiglia di questo segretissimo progetto nuovo davvero incredibile, che avrebbe aperto le porte a un futuro davvero esaltante. Non riuscivo a non essere contento, a pensare al traguardo a cui si puntava, seppur il design copiato, sotto sotto, mi creava profondi dubbi.

Nella prima fase mi occupai delle facce dei giocatori dei vari team selezionabili (3 per squadra), con relativa colorazione. Successivamente disegnai alcune sequenze e mi prodigai al testing del gioco vero e proprio, più che altro per scovare bugs. Inventai anche alcuni nomi dei team - ricordo con sicurezza i Sand Pilgrim, dal Pilgrim di Garth Ennis, e i Musa, preso dal mitico film koreano MUSA, The warrrior, un mio classico, oltre agli Autority, dall'omonimo fumetto.
Sulla grafica in se ci si diede molto da fare, sia tecnicamente che come quantità. All'inizio si pensava, per esempio, di fare ogni giocatore sul campo diverso dall'altro, per di più con un sacco di fotogrammi ognuno - ma non se ne fece nulla, a causa dello scarso spazio sulla cartuccia di gioco.
Il publisher, che intanto era arrivato, aveva davvero le braccine corte (tradotto: pagava poco) e volle risparmiare a tutti i costi anche sul supporto. Ci costrinse a far stare tutto sulla cartuccia più piccola in produzione, e quasi rischiammo di perdere anche la possibilità di salvare la partita: voleva risparmiare anche sulla batteria tampone della cartuccia, ma poi ci ripensò.
Questa situazione, tutt'altro che esaltante, e la travagliata storia aziendale non giovarono al clima lavorativo, anzi.

Cmq sia, infilammo diversi campi da gioco con molti elementi animati: pioggia a tutto schermo con pozzanghere riflettenti, un grosso elicottero animato sullo sfondo, treni di passaggio che facevano traballare l'area di gioco... Moltissima cura anche nello pseudo parallasse vecchio stile.
Ho molto apprezzato (e apprezzo tutt'ora) che ci fosse tutto questo lavoro di dettaglio, anche se non era quello che rendeva il gioco magico. Non è la confezione che fa il biscotto buono.
Venne anche inserita una brevissima storia animata nello story mode - prima era solo una specie di modalità torneo che divenne a tutti gli effetti uno story mode con le sequene di racconto. In realtà la storia era decisamente piatta e tutto sommato inutile, però l'idea dello story mode mi è sempre sembrata ok e, anche se sicuramente andava integrata meglio, mi divertii un sacco nel vederla rappresentata dai miei disegni. Solo le colorazioni, lasciate in mano a un altro grafico, mi delusero completamente.

Purtroppo però, più si andava verso la fine, più sentivo in tutti la corsa a chiudere, che realizzare un buon gioco.
C'era ostilità nei confronti dell'addetto marketing che non appoggiava le idee del team e che non era riuscito a trovare un publisher speciale, ovvero che avesse capito le nostre (presunte) potenzialità: il nuovo prodotto non stava garantendo gli introiti che doveva far "dimenticare " all'amministrazione il costoso passato aziendale e permettere, a chi aveva avuto l'idea di provarci con la console nintendo, di dimostrare che aveva ragione e che aveva fatto le cose nel giusto modo e, quindi, continuare.
Il malumore cresceva.
Si investiva tempo a sistemare la grafica e a garantire la stabilità, più che effettivamente curare il lato ludico, su cui non ci furuno mai salti da gigante rispetto alle prime versioni giocabili.
Seppur abbia giocato molto non sono riuscito a fare la differenza su questo piano. Mentre lo testai in singolo, mi accorsi di molte imperfezioni ma, in effetti, la corsa contro il tempo e il desiderio di chiudere quanto prima pensando al pareggiare le spese, tagliò le gambe all'amore per lo sviluppo di un buon gioco.
Sicuramente anche un maggior spazio su cartuccia avrebbe aiutato a migliorare molte cose, ma comunque il sogno ardente del gioco perfetto si era ormai perso da tempo.
In verità credo che ai problemi legati al publisher si sommasse la questione che il progetto fosse stato pensato in tutti i suoi aspetti con troppo superficialità, fin dall'inizio. In effetti, proprio pensare di ribaltare una situazione aziendale difficile copiando qualcosa di già fatto, senza avere esperienza, amore e idea sul basket e senza avere un vero asso nella manica, lo dimostra.
Riprodurre il lato geniale di qualcosa che funziona, si sa, non è così facile. Altrimenti tutti i marchi, i giochi e i film che lo fanno funzionerebbero sempre. Ci vuole passione e sudore per capire e superare. Ma chi ha passione non copia, sviluppa.
E la superficialità aveva causato anche un altro passo falso, quello del non accorgersi di avere un team non realmente motivato e esaltato dal concept: a nessuno gliene fregava davvero di giochi sul basket, me compreso. Basta vedere la questione del testing a cui avrebbero potuto prendere parte e fare un po' la differenza tutti. E invece era un'attività molto poco apprezzata in ufficio, e decisamente sempre sottovalutata. Tristemente, il braccio destro del product manager addirittura si rifiutava di collaudare il gioco, dicendo di non essere portato a farlo. Ancora oggi, a pensarci, mi torna in mente il mio pensiero «se non provi, cosa ci stai a fare qui?».
Brutta cosa, la mancanza di passione.

Insomma, secondo me era impossibile fare davvero la differenza con Street Jam, senza un team realmente motivato, specialmente in quel breve periodo di sviluppo.
Brillare, come sperato, era impensabile.
Il gioco si finì, ovviamente non fu esaltante e noi stessi non fummo felici del risultato. A giudicare dalle recensioni, direi che fu proprio l'ennesimo buco nell'acqua.
Poi ci furono altri casini con il publisher, tanto per cambiare, che portarono a altre rotture e a un costante malumore da cui non ci si riprese mai.
Si cambio genere, piattaforma e si puntò, infine, allo sfruttare qualche licenza.
Ma questa è un'altra storia.

Non so se si trovi in rete ma c'è un cheat per street jam: scrivendo qwerty come nome per lo slot di salvataggio, si sblocca tutto fin dall'inizio. Così almeno io posso vedermi quando voglio il mio operato fatto di pixel.
Modesto, ma di cui vado Fiero.

Qui, per l'ultima volta, cover front e rear versione USA.
Ah, la mia cover, quella della scatola che possiedo, un po' differente da quella del link sopra, non ha neppure uno screenshot sul retro. Mi chiedo quale genio abbia pensato che non servisse.
Addio Slam dunk.. ah, no, scusa, Street Jam Basketball.

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